Fiori Della Mia Vita
Fiori Della Mia Vita
Progetto edito da Silvana Editoriale, con cui Gian Paolo Barbieri rivela un capitolo della sua sfera privata riguardante la sua storia d’amore con Evar, tre anni di felicità interrotti dall’incidente in cui il ragazzo ha perso la vita. Scatti di fiori e ritratti di Evar accompagnati dai versi di Branislav Jankic in un viaggio che attraversa la vita e i ricordi.
“È uno dei grandi maestri della fotografia di moda. Ora in un libro di immagini e poesie racconta la felicità più intensa della sua vita. E la drammatica telefonata che gliel’ha portata via.
Non mi hai chiamato ieri sera/stanco sono andato a letto con il telefono in mano./È così bello vederti ridere e ballare prima di correre in acqua./E poi ti sdrai accanto a me e i tuoi capelli bagnati accarezzano la mia schiena./Ti piaceva una vita così e volevo dartela e fare una casa al mare per te./Manca solo il tetto e sarà finita, solo il tetto./Il telefono ha squillato con un suono sgradevole./Una volta, due volte, tre volte…/Poi ha smesso.
Quando il telefono squilla, Gian Paolo Barbieri, milanese, classe 1938, uno dei grandi maestri della fotografia di moda, è alle Seychelles, isola di Mahè. «Avevo una piccola casa e quando ho visto che Evar amava il mare ho pensato di costruirne una più grande, in cui potessimo stare insieme. C’era un lembo di spiaggia, me ne ero innamorato ed ho stabilito di edificarla lì. Così quell’estate ero alle Seychelles per seguire i lavori, mi alzavo alle sei per aprire il cantiere. Evar mi avrebbe raggiunto in agosto. La sera avevamo sempre un appuntamento telefonico, ma quella sera la telefonata non arrivò. Squillò invece il giorno dopo, mentre ero a casa per pranzo. Una voce mi disse: sai la novità? Evar è morto. In quel momento, ho perso la voce».
Evar Locatelli, 21 anni, di Paladina, Bergamo. Nel libro «Fiori della mia vita» che Barbieri ha appena pubblicato (verrà presentato domenica 28 febbraio a Milano, nel suo studio, con una performance) c’è un piccolo ritaglio di giornale: «Bergamo — Giovane motociclista travolto da due auto è morto ieri sera all’incrocio fra via Locatelli e viale Italia ad Almè, in provincia di Bergamo. Vittima dell’incidente è Evar Locatelli». Il ritaglio non è datato, ma l’anno è il 1991.
Per venticinque anni Barbieri non ha fatto parola di questa storia. Pochissimi sapevano del loro legame, «ho sempre impedito ad Evar di parlarne, volevo proteggerlo: la gente è cattiva, è stupida, poteva rovinargli la carriera per una cosa così. Ci eravamo conosciuti per via del suo book fotografico. Avevamo trent’anni di differenza. Quando sua madre telefonava e io rispondevo dal piano di sopra, dove avevo la camera da letto, dicevo sempre: attenda signora, vado a chiamarlo, anche se Evar era lì, al mio fianco. Volevo che nessuno sapesse. Oggi forse mi comporterei in modo diverso, oggi sembra tutto più facile. Ma forse è solo un’illusione. O sei un grande nome, e perciò sei inattaccabile, oppure corri ancora il rischio di essere giudicato».
Venticinque anni dopo
Al buio cerco i tuoi occhi verdi./Stiamo giocando a nascondino…/1,2,3,…via!/Dove sei?/1,2,3…via! Ti cerco… sono passati 25 anni./Tu sei vicino, ti sento ridere /sento il tuo fiato sul collo./1,2,3… Mi giro … Ti vedo!
«È stato lui a convincermi a pubblicare il libro — e Barbieri indica Branislav Jankic, il giovane assistente polacco, autore delle poesie del volume —. Ero titubante, è un progetto così privato. Alla fine ho ceduto alla violenza».
La memoria è il solo risarcimento possibile per ciò che ci viene tolto. Ma la memoria ha bisogno di cure, di silenzio, di tempo per stabilire delle connessioni. «La memoria è tutto, è la fonte di ogni nuova idea: dalla testa non può uscire nulla che non sia, in qualche modo, già dentro. C’è chi dialoga con le persone che ha perduto, io ho sempre avuto Evar nella mia vita: ho a casa un suo ritratto e davanti, ogni giorno, metto un fiore nuovo. Abbiamo vissuto tre anni meravigliosi, senza ombre. Ho custodito tutto, anche i biglietti che mi scriveva, infantili e profondi. All’amore non importa delle leggi, dei contratti, delle cerimonie davanti a un prete. L’amore chiede solo di essere seguito».
«Fiori della mia vita» fa dialogare le foto private che Barbieri ha scattato a Evar Locatelli, bello come un dio greco, con nature morte di fiori «che ho sempre fotografato pensando a lui e a come produrre qualcosa di interessante per il mio lavoro. I fiori sono così fotogenici, ma difficili. Cerco di rubargli l’anima, di renderli più belli di quello che sono. Il fiore del banano, per esempio…». E Barbieri, il celebrato fotografo — che la mitica direttora di Vogue America Diana Vreeland non riuscì a trascinare a New York neppure offrendogli nove mesi sicuri di contratto; quello dei ritratti a Monica Bellucci, Audrey Hepburn e mille altre; il collega di cui Avedon collezionava le foto e che volle conoscere tanta era la stima che aveva del suo lavoro — con la puntigliosità del botanico avvia una lezione improvvisata sull’anatomia del fiore di banano, la sua estetica rigorosa, la fragilità dei petali dalla vita brevissima e quella volta che li riattaccò al bulbo con gli spilli per riuscire a fare lo scatto che voleva…
– Daniela Monti (Corriere della Sera)